“L’era del digitale ha generato una certa confusione tra i concetti di ritmo e quello di groove: si pensi ad una palla che rimbalza sul pavimento, in assenza di gravità ed attrito, questa potrebbe andare avanti per sempre. Una ritmica messa in loop in una DAW può essere ripetuta all’infinito generando nient’altro che alienazione in chi ascolta. Ma l’entrata in scena di forze nascoste introduce una nuova vita: la palla rimbalza sempre meno ad ogni ripetizione, la cinematica si trasforma in meccanica e così la batteria suonata da un vero batterista trasmette qualcosa di diverso ad ogni battuta, perché sempre diversa, sempre nuova. Il ritmo diventa groove.
Succede la stessa cosa nella relazione tra uomo e donna: l’amore dà il significato a qualcosa che senza di esso sarebbe sterile e impersonale.”
Con queste parole Jolly Mare, al secolo Fabrizio Martina, introduce il suo album d’esordio intitolato “Mechanics”, concepito come un viaggio concettuale fra meccaniche del groove e le dinamiche dell’amore.
Il racconto di un’educazione sentimentale vissuta sul dancefloor e l’esplosione di un’emotività vissuta sotto cassa, che passa attraverso sintetizzatori, drum machine, campionatori e strumenti acustici. Un immaginario vastissimo che pesca dalle colonne sonore dei grandi compositori italiani e che finisce per lambire territori vicini alla house music.
“Mechanics” è la testimonianza diretta che anche un linguaggio codificato come quello della italo-disco può essere riattualizzato attraverso dei suoni e un’attitudine che guarda in avanti. Perché Jolly Mare è sì un passatista, ma dal roseo futuro.
“Mechanics” verrà pubblicato in vinile negli Stati Uniti e nel resto del mondo dall’etichetta culto, con base a Brooklyn, Bastard Jazz (Soul Clap, Dj Spinna, Illa J e tanti altri) il prossimo otto aprile.
L’uscita italiana, invece, è prevista per il 6 maggio 2016, e sarà curata da 42 Records, una delle etichette indipendenti italiane più apprezzate e stimate (Colapesce, I Cani, Go Dugong, Cosmo e molti altri).
Bio Jolly Mare:
“New face of Italian Disco”: all’estero gira già da un po’ di tempo questa definizione attorno a Jolly Mare. Considerando la ricchezza del patrimonio Italo Disco e del credito da culto assoluto che gode fuori dai confini italiani, è di sicuro una definizione lusinghiera. Al tempo stesso, è però riduttiva ed imprecisa: perché se è vero che nella sua musica Jolly Mare incorpora vari elementi presi dagli anni ’80 in chiave dance (electro e dintorni, in primis), è altrettanto vero che riesce a cavalcare in maniera personalissima territori musicali molto più vasti, trovando sempre un equilibrio che a parole è inspiegabile mentre nei fatti (e nei dancefloor) risulta assolutamente perfetto e centrato.
Merito della sua capacità tecnica (un passato da turntablist di alto livello, con tanto di titolo IDA – International Dj Association – nel 2010); ma merito anche e soprattutto della sua sfaccettata sensibilità musicale: una profonda conoscenza di tutti gli alfabeti del funk, una sensibilità “cosmica” che gli permette immaginifici re-edit (anche a sorpresa, come quelli su Pino Daniele e Vasco Rossi), una inappuntabile padronanza anche delle architetture a cassa dritta (house, o pure certe suggestioni detroitiane): il tutto fuso in una veste sonora che riesce ad essere magicamente senza tempo, piena di omaggi e riferimenti al passato ma con la capacità di suonare in modo del tutto contemporaneo, anzi, spesso ancora direttamente ultra-futuristico.
Un talento cristallino. A certificarlo, le esibizioni in festival come il Sonar o gli inglesi Parklife, Bestival, Tramlines. Così come significativa è stata la chiamata della Red Bull Music Academy a New York, dove Fabrizio ha aperto a mostri sacri come i Masters At Work, Roy Ayers, o creato musica assieme a geni come Thundercat (il bassista di fiducia di Flying Lotus).
Si muove su traiettorie internazionali, Jolly Mare, come non sempre accade ai dj e producer italiani.