“I QUARTIERI hanno un’identità molto forte che fa venire voglia – e accade raramente – di non paragonarli a nessuna nostra altra band contemporanea”. (IL MUCCHIO)
“I QUARTIERI si confermano gruppo di altro livello, abile nel fondere sonorità tra l’elettroacustico e l’elettronico – di quando indie era sinonimo di bello e creativo – con la canzone d’autore della gloriosa scuola romana di una quindicina d’anni fa”. (BLOW UP)
“Zeno” è l’ennesima dimostrazione di come lavorare con lentezza possa giovare e non costituire un handicap. Senza la frenesia di bruciare le tappe, i ragazzi hanno infatti avuto la possibilità di perfezionare il loro progetto, giungendo alla fine a una sintesi davvero brillante per equilibrio, intensità e autorevolezza. Non è uno stile alla ricerca del facile consenso, quello di Fabio Grande e compagni: è dotato di un notevole impatto estetico, grazie a soluzioni morbide e avvolgenti dove suoni elettrici e acustici sposano trame elettroniche dal volto umano, ma punta a un coinvolgimento più profondo, a una seduzione che si basa sulle melodie e sulle atmosfere suggerendo analogie con quella evocata dai sogni”. (Federico Guglielmi per FANPAGE.IT)
“Come in un film di Antonioni, frammenti di esistenza che si compongono in un insieme che ci appare comune, riproducibile in tante altre esistenze, quanto individuale. Esiste la coscienza di Zeno, esiste Zeno. Un uomo, una donna, un bambino. Esiste una società che lo accoglie, lo rende emarginato oppure eroe, parte di un insieme. Qualcuno la chiama generazione, altri periodo storico, altri ancora periodo di vita. Frammenti, come messaggi sparsi in una valle silenziosa e popolata. Persone che i incontrano tra loro, quasi accidentalmente, individualità che rimangono tali, il freddo dell’empatia mancata, la siccità della mente.” (DANCE LIKE SHAQUILLE O’NEAL)
“La musica de I Quartieri è pop nell’accezione migliore del termine. È pop suonato da una base spaziale sulla luna dopo l’estinzione del genere umano. È intriso di nostalgia, della paura e della dolorosa necessità di crescere. Ha uno sguardo lucido sulla distanza che ci separa l’uno dall’altro e, proprio per questo, è avvolgente e caldo e si sforza di azzerarla questa distanza che sembra essere diventata la cifra delle nostre esistenze nella contemporaneità. Non è pop rassicurante, perché continuiamo ad essere soli, ad essere soltanto dei punti isolati in mezzo all’universo, ma con una consapevolezza nuova: non è detto che non si possano collegare questi punti, basta quella stessa leggerezza con cui da bambini tracciavamo delle linee con la matita tra un puntino e un altro per dare un senso a quelle macchie nere sparse sul foglio e creare un disegno”. (INDIE FOR BUNNIES)
Sono passati ben tre anni da quell’ep di debutto dei Quartieri che ci aveva lasciato letteralmente a bocca aperta. Il motivo, ora lo possiamo dire con sicurezza, è che è difficile ascoltare qualcosa di simile in Italia, con quei suoni così dilatati e siderali, animati da una luce brillante ma di un chiarore freddo, e addolciti da un cantato in italiano onesto e consolante. (Rockit)